Archivio per la categoria ‘Cattedrali e Basiliche’

Il duomo, situato in riva al mare, nel suo aspetto odierno è una costruzione romanica senza grandi varianti e rivela tutte le fasi della sua costruzione. Ora è una basilica di grandi dimensioni: 50 metri per 25. E’ divisa in tre navate da due file di colonne che vanno a saldarsi con le navate dell’antica parte absidale. I capitelli romani della navata di destra ora servono da acquasantiere, mentre un sarcofago del III° secolo è trasformato in altare maggiore.

a Basilica di San Nicolò risale al VII° secolo circa. Essa fu dedicata a San Nicolò poichè il Santo, al Concilio di Nicea (325 d.C.), sostenne l’idea trinitaria di fronte all’eresia del vescovo Ario.

La Basilica di San Nicolò sorge all’estremità settentrionale del centro storico sui resti della cinta muraria che anticamente circondava il borgo.

L’impianto originale della basilica fu ampliato intorno ai secoli XI° e XII°.

La parte della basilica romanica meglio conservata è la quella meridionale.

La cappella, originariamente un atrio, fu successivamente trasformato in una cappella dedicata a S. Antonio Abate.

Fa parte del complesso della basilica il vecchio campanile del XV° secolo e la loggia costruita un secolo dopo.

Tra il 1562 e il 1660 vennero restaurati la facciata, il campanile e venne costruita la nuova scalinata.

I lavori della facciata vennero portati a termine solo dopo il XVIII° secolo da Antonio Maria Fontana, il quale diede alla facciata una veste neoclassica con frontone sorretto da sei colonne corinzie.

L’opera di restauro intrapresa nel corso di secoli non aveva sostanzialmente modificato l’impianto originario della basilica, invece nel 1824 si iniziò a considerare l’idea di ampliare la basilica verso Piazza Cermenati.

L’opera di ampliamento fu portata avanti da Giuseppe Bovara che rinnovò completamente la basilica. Nel 1904 fu realizzato il nuovo campanile su progetto del Gattinoni.

La Basilica Eufrasiana (croato: Eufrazijeva bazilika) è una basilica paleocristiana nella città di Parenzo in Istria (in croato Poreč).

Il complesso episcopale, inclusa parte della basilica stessa, una sacrestia, un battistero e la torre campanaria del vicino palazzo vescovile, è uno dei migliori esempi di arte bizantina della regione. A causa del suo eccezionale valore è stata inserita tra i patrimoni dell’umanità dell’UNESCO nel 1997.

Fondata dal vescovo Eufrasio tra il 535 e il 550 d.C è uno straordinario complesso organizzato intorno ad un cortile diviso in quattro parti principali e adornato da un bellissimo colonnato in marmo. A sinistra c’è il Battistero ottogonale e il campanile medievale. A destra c’è la Basilica e le vestigia della parte pre-eufrasiana e di fronte il palazzo vescovile.

Si entra nella Basilica e si resta per qualche secondo senza parole: i mosaici in oro luccicano attirando l’attenzione soprattutto verso la parte che sovrasta l’abside centrale. Qui Cristo è simboleggiato da un agnello circondato da medaglioni con ritratti di santi: la scena principale raffigura la Vergine con il Bambino tra due angeli. Al Campanile, da cui si ammira una splendida vista su Parenzo e la costa circostante, si accede attraverso il Battistero. Da non perdere l’annesso Museo di Mosaici.

Le origini del Duomo risalgono a tempi remoti: la sua presenza è accertata nel 1296, La prima notizia esplicita sulla chiesa di S.Ellaro è contenuta nella concessione del patriarca Bertrando ad Alberto IV, conte di Gorizia, rilasciata nel 1342 per erigere un nuovo altare. Di quell’antica cappella non resta che il vestibolo dell’altare del ss. Sacramento, e l’edicola sulla facciata esterna. Accanto a questa prima cappella dedicata a S. Ilario sorse a dieci metri di distanza nel XIV secolo la cappella sepolcrale dei Conti di Gorizia. La volta della cappella è interamente percorsa da robusti costoloni che si intrecciano fittamente e che danno forma a spicchi entro i quali trovano posto delle suggestive pitture. Fra gli intrecci vegetali, figure di angeli si dispongono suonando una mandola, un liuto, un salterio, un flauto, un’arpa ed altri antichi strumenti musicali. Dei cherubini oranti si vedono negli scomparti periferici della volta, mentre al centro della crociera sono dipinti i simboli dei quattro evangelisti. Gli affreschi di S. Acazio, altamente suggestivi per la loro ricercata eleganza, rappresentano un unicum nel panorama dell’arte gotica goriziana. Prima di lasciare la cappelletta meritano uno sguardo anche i quattro peducci d’imposta delle nervature, scolpiti con elementi che rappresentano il Peccato originale e figure di sante e santi, fra i quali Martino e forse Acazio recante fra le braccia il modellino della chiesa. Alla fine del XIV secolo, per far fronte all’aumento della popolazione della città bassa, la chiesa fu ampliata. Questa nuova chiesa costruita in stile gotico, è stata ultimata nel 1525, come viene ricordato da una pietra angolare di un contrafforte. Nel 1588 si porta a compimento il campanile a base quadrata. Alla fine del XVII secolo importanti lavori interessano tutto l’impianto ecclesiale. Tra il 1688 e il 1702 viene infatti abbattuta l’unica navata centrale in stile gotico e ricostruita al suo posto una chiesa a tre navate, in stile barocco, con due gallerie e matronei sopra le navate laterali e una ampia tribuna per l’organo e il coro sopra la porta centrale. All’inizio del XVIII secolo le gallerie furono ornate con elaborati stucchi con motivi floreali, ancora oggi in ottimo stato. L’affresco della volta centrale rappresentante l’Allegoria della Gloria Celeste, opera che Quaglio Giulio il giovane portò a termine nel 1702, è andato perduto con i crolli della prima Guerra Mondiale. Gli altari presenti nelle navate minori risalgono anch’essi al Sei-Settecento; tra questi emerge l’altare maggiore dei SS. Ilario e Taziano eseguito nel 1707 da Giovanni e Leonardo Pacassi e il prezioso pulpito ornato con bassorilievi risalente al 1711. La facciata venne completata solo nel corso del XIX secolo in stile neoclassico, ma già nel 1886 vennero effettuati interventi di restauro. Durante la prima guerra mondiale i bombardamenti distrussero il tetto, guastato il campanile e alcuni altari: le opere di ripristino condotte dall’architetto Edoardo Caraman ristabilirono il prospetto principale nella sua attuale configurazione. Tra il rilevante patrimonio artistico del XVIII secolo ivi conservato spiccano: i paramenti sacri riccamente decorati, i gioielli donati da Maria Teresa d’Austria al primo arcivescovo di Gorizia e i dipinti di Tominz e Battig.

La basilica di San Martino è la chiesa principale della città di Treviglio, in provincia di Bergamo.

La chiesa si trova nella piazza centrale della città, di fronte al palazzo comunale. Fu restaurata e ammodernata più volte, così che risulta una fusione di diversi stili; intorno all’anno 1000 fu costruito il campanile di Treviglio, che è uno dei campanili più alti della Lombardia.

La chiesa è dedicata a san Martino di Tours, che è rappresentato sopra l’entrata principale e in numerosi affreschi, nonché nel polittico di San Martino, una delle opere più importanti capolavori del neogotico lombardo.

L’edificio ha una struttura architettonica basilicale a tre navate culminanti in tre absidi, l’interno era distribuito in cinque campate di cui sopravvive solo la prima antistante le absidi.

Rimangono oggi, a testimonianza di quello che fu la basilica di Santa Giulia, le tre absidi e la prima campata coperti da tetti non più originali e parti della muratura perimetrale. La parte scoperta, ossia quella priva di tetto, è stata ed è tuttora parte del cimitero di Bonate Sotto con ancora molti tumuli e testimonianze sepolcrali.

Un inopinato restauro settecentesco sopraelevò di circa un metro l’abside centrale e sostituì, variandone la pendenza, la copertura lapidea dei tetti con tegole di terracotta. Il sopralzo è chiaramente visibile nelle immagini relative l’abside centrale dove balza evidente come corpo estraneo, aggiunto successivamente ed alterante l’armonia geometrica originaria

L’abside centrale, attualmente adibita a cappella cimiteriale, è stata affrescata nel 1795 dal pittore Vincenzo Angelo Orelli in collaborazione col fratello Baldassarre, specializzato nell’esecuzione delle quadrature.

I resti della basilica lasciano immaginare la sua forma originaria e testimoniano l’eleganza della sua decorazione architettonica. Di particolare finezza sono i residui capitelli interni, scolpiti in leggere forme zoomorfe, antropomorfe e geometriche mentre sottile e gentile appare l’ornato esterno delle absidi con le finestrelle a doppio sguancio separate da cordonature o semicolonne che slanciano e snelliscono la struttura.

L’ornatura di alcuni capitelli richiama lo stile cluniacense e sembra quasi anticipare il gotico tipico di Cluny.

Lo zoccolo dei tetti delle absidi è ornato con un giro di archetti, alcuni dei quali terminano su graziose testine.
Urna di Tiziana

Una notazione particolare va fatta per l’urna cineraria posta sulla colonna antistante la prima navata, urna che ha alimentato la leggenda della costruzione della basilica per iniziativa della regina Teodolinda.

La leggenda voleva che questa urna contenesse i resti mortali di una figlia della regina longobarda a suffragio della quale la madre avrebbe costruito la basilica.

In effetti si tratta di un reperto archeologico ben più antico: un’urna cineraria romana, di epoca imprecisata, che custodiva i resti di una fanciulla dodicenne di nome Tiziana e piccoli oggetti d’oro forse parte del suo abbigliamento.

Monfalcone  è un comune italiano di 27.856 abitanti della provincia di Gorizia in Friuli-Venezia Giulia, è il centro principale della Bisiacaria e quinta città per numero di abitanti della regione.

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Tra i monumenti storici di maggior interesse, da ricordare in primo luogo la Rocca, posta sulle alture che dominano la città, della quale anzi è diventata il simbolo. È una costruzione fortificata di origine medioevale, più volte rimaneggiata nei secoli, costituita da un robusto mastio circondato da una struttura muraria difensiva di forma circolare a sua volta circondata dai resti di un ampio castelliere preromano.
Un leone di S. Marco in pietra, inserito nel muro del torrione, sull’architrave della porta d’accesso al piano superiore; un’iscrizione del 1525 in cui vengono nominati il Luogotenente della Patria del Friuli Agostino de Mula e il Podestà di Monfalcone Giovanni Diedo, sono tangibile ricordo della lunga dominazione veneziana. Il leone sostituisce l’originale perso nel tempo: è stato scolpito nel 1957 nel laboratorio veneziano di Romeo dell’Era e donato alla Città di Monfalcone dal Comune di Venezia.
In parte distrutta dalla guerra, la rocca venne restaurata per cura della Soprintendenza tra il 1950 ed il 1955.

Moderna la costruzione del Duomo (1926-29), su progetto degli architetti romani Benigni e Leoni; il precedente, che possedeva tele venete di Palma il Giovane e altri pittori di fama, mobili intagliati da Matteo Deganutti ecc., fu abbattuto nella guerra 1915-18. Più recente ancora è il campanile (1960).
Antica invece la Chiesetta di S. Polo (XV secolo, con il campanile costruito con le pietre del ponte romano che si trovava nei pressi della città), sede della sezione storica del Museo Carsico Paleontologico e Cimeli Storici.
Celebre nel passato la Chiesa della Marcelliana, antico santuario già ricco di storia e d’arte, ricostruito a partire dalla fine del XVIII secolo, affrescato da Sebastiano Santi, muranese, nel 1844, e decorato dall’udinese Comuzzi nel 1890; nel 1943 il veronese Agostino Pregrassi ha affrescato ai lati dell’altar maggiore due scene con l’evento miracoloso della statua della Madonna e con il voto alla Vergine durante la pestilenza del 1386. Conserva una tardoromanica Madonna con Bambino in pietra (secolo XIII) sull’altar maggiore e, accanto all’ingresso, una stele funeraria (1836) dedicata alla madre da Marianna Pascoli (1790-1846) e dalla sorella Luigia (1815- 1882), monfalconesi, pittrici di qualche nome nell’Ottocento (soprattutto Marianna, che ebbe maestri privati ma che fu anche allieva del Canova che la ritrasse nel marmo; fu discreta ritrattista e miniaturista; Luigia, allieva della sorella, predilesse la pittura ad olio piuttosto che quella a pastello).

La Basilica patriarcale di Sant’Eufemia

La basilica patriarcale di Sant’Eufemia è il principale edificio religioso di Grado (GO) e antica cattedrale del soppresso Patriarcato di Grado.
Si tratta di una basilica a tre navate , divisa da due file di dieci colonne di spoglio, sormontate da capitelli di varia epoca e provenienza. La navata centrale termina in un’abside semicircolare all’interno e poligonale all’esterno, mentre da quelle laterali si accede a due piccoli ambienti (la trichora e il Mausoleo di Elia), dove viene conservato il tesoro del duomo.Il pavimento di questi due ambienti come quello di tutta la basilica è coperto da un tappeto di mosaici. Questo ampio pavimento fornisce moltissime informazioni di carattere demografico, sociale ed economico sullapopolazione gradese del Vi secolo, per la presenz adi numerose epigrafi musive, in cui ricordati i nomi e le professioni dei donatori.La fascia centrale, invece, è una lunga corsia decorata con un motivo geometrico detto dell’onda sommersa. Nel centro è incastonata l’epigrafe musiva in esametri latini che ricorda la costruzione e la decorazione musiva della chiesa da parte del patriarca Elia.In genere, nell’ampia superficie mosaica, prevalgono gli elementi geometrici e anche i rari elementi tratti dal mondo naturale sono estremamente stilizzati, segno di una religiosita’ nuova, più portata all’astrazione e all’ascesi. Nel tesoro del Duomo sono conservati oggetti di straordinario valore.

Battistero

Il Battistero di Grado è un monumento paleocristiano che sorge nel centro storico della città, al fianco della Basilica di Sant’Eufemia.
Ha forma ottagonale, con vasca esagonale. La sua costruzione risale al VI secolo.

L’attuale Basilica, a croce latina, è in stile barocco. L’imponente facciata soratiniana, ricca di colonne e capitelli, è ornata da quattro statue, situate due sui riccioli esterni e due in nicchie, che, da sinistra a destra, rappresentano: Santa Caterina, San Zeno, San Annone, Santa Barbara. Sopra il finestrone è posizionato un fregio con due angeli che reggono lo stemma del Comune. La cupola, opera mirabile ed armoniosa, sovrasta la struttura e le conferisce un mirabile slancio ascensionale: è un tipico esempio della genialità del Soratini. L’interno è ornato da tredici altari su cui troneggiano altrettante pale, e da diversi affreschi e tele sulle volte. Nella cupola otto tondi rappresentano scene del Vecchio e Nuovo Testamento, opera di Giosuè Scotti, come pure le figure dei quattro Evangelisti nei grandi pennacchi. Dietro il marmoreo altare maggiore si trova la pala di San Giovanni Battista che presenta alla folla il Messia, di Gianbettino Cignaroli, eseguita tra il 1749 e il 1751 e restaurata nel 2000-’01 dalla Soprintendenza ai beni culturali. Pregevole, nell’abside, il coro del 1727, opera dell’intagliatore bresciano Girolamo Foresti. Nelle navate laterali si vedono gli altari di San Teodoro e del Santissimo Sacramento; su quest’ultimo è la mirabile pala dell’Assunta dipinta da Pietro Marone; il tabernacolo,terminato nel 1585, opera di Valentino Bonisino e Pietro Beatoni, è considerato una delle opere più preziose della Basilica.

La chiesa è dedicata a Santa Maria Maddalena, una intitolazione che risale a tempi lontani, all’origine della pieve.

La facciata
Lo stile classico di Todeschini si collega a quello di Sanmicheli e di Scamozzi. La facciata manifesta già elementi barocchi, richiamando opere famose come la Chiesa del Gesù a Roma del Vignola.

L’interno
L’interno, a pianta basilicale a tre navate, notevole per la sua semplice solennità classica, è uno degli esempi più belli del tardo rinascimento nella provincia di Brescia.
Le sedici bianche colonne di stile dorico sono di marmo di Botticino. La navata centrale è coperta da una semplice volta a botte che, con la sua circolarità, ripete il motivo delle arcate.
Nella navata sinistra v’è la cappella in cui è custodito il SS. Sacramento.